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Con la normativa prevista dalla legge 8 aprile 2004, n. 95, annunciante “Nuove norme in tema di visto di sorveglianza sulla corrispondenza dei carcerati”, il sistema carcerario è stato integrato con una nuova regolamentazione strutturale, concernente le verifiche effettuabili dall amministrazione carceraria e dalla magistratura sull attuazione di un diritto basilare dell individuo – quello della indipendenza e riservatezza della corrispondenza – tutelato da garanzie della costituzione (art. 15 Cost.).

La legge n. 95/2004 costituisce la più innovativa e efficace espressione dell impegno del legislatore nazionale di conformare la legislazione carceraria interna alle norme indicate a livello comunitario, effettuando il basilare equilibrio tra le necessità preventive e di vigilanza sull ordine e la certezza degli istituti di pena e il diritto dei carcerati all attuazione dell azione di corrispondenza con le persone esterne alla prigione.

L art. 18 dell Ordinamento carcerario (ora abolita per effetto della prescrizione di cui all art. 3, comma 2, della L. 95 /2004) indicava, agli scopi delle necessità del regime carcerario, un necessario principio generico di vantaggio nei confronti di tutte le tipologie di relazione del carcerato con l ambiente esteriore, ivi compresa la corrispondenza, senza limitazioni a livello quantitativo o qualitativo.

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Questo potere, tuttavia, era sottoposto a specifici limiti e verifiche, previste con lo scopo di prevenire l uso della capacità di rapportarsi con la società esterna per scopi non conformi al bisogno di evitare il compimento di delitti e proteggere la sicurezza e l ordinamento interno agli istituti carcerari.

Questo regime di vigilanza si basava sui mezzi dell investigazione, del visto sulla corrispondenza e della potenziale conservazione di questa, con l azione della magistratura.

Più in dettaglio, la disposizione dell art. 18, comma7, Ordinamento carcerario presumeva che la corrispondenza dei singoli carcerati o imprigionati potesse essere sottomessa, con decreto giustificato del giudice di vigilanza, a visto di ispezione del capo dell istituto o di un membro all amministrazione carceraria incaricato dallo stesso capo.

Con l approvazione della nuova legge (95/2004), il bisogno di conformare la regolamentazione carceraria della sorveglianza sulla corrispondenza ai principi della costituzione e quelli comunitari, ora si basa su due principi ossia quello di riorganizzare la normativa vigente mediante la ristrutturazione della normativa sulla sorveglianza della corrispondenza in un unica legge, immettendo, nel corpo della Legge n. 354 del 1975, il nuovo art. 18 ter e immettendo notevoli norme tese ad adeguare la normativa della vigilanza sulla corrispondenza dei carcerati alle norme della Convenzione Europea del 1950, più volte rievocati dalle pronunce della Corte di Strasburgo.

In questo modo, il legislatore ha garantito, al potere del carcerato di essere in relazione con il mondo esteriore, la regolamentazione legislativa e la condizione di vero e proprio diritto personale. Prescrive l art. 18 ter (Limiti e verifiche della corrispondenza):

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Per bisogni connessi alle inchieste o investigazioni o di prevenzione dei delitti, ovvero per motivi di certezza o di ordine del carcere, possono essere previsti, rispetto ai singoli carcerati o prigionieri, per un periodo non maggiore di sei mesi, rimandabile per periodi non maggiori tre mesi: a) limiti nella corrispondenza con lettere e telegrammi e nella ricezione dei giornali; b) la sottomissione della corrispondenza a visto di sorveglianza; c) la verifica del contenuto delle buste che includono la corrispondenza, senza lettura di essa.

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Le prescrizioni del comma 1 non si attuano se la corrispondenza in lettere o telegrammi sia rivolta ai soggetti previsti nel comma 5 dell articolo 103 del codice di procedura penale, alla magistratura, agli organi stabiliti nell articolo 35 della stessa legge, ai Parlamentari, ai diplomatici o consoli del Paese di cui i soggetti interessati hanno la cittadinanza ed agli organi internazionali amministrativi o giudiziari incaricati alla protezione dei diritti umani cui l Italia appartiene.

Le misure indicate dal comma 1 sono applicate con decreto giustificato, su istanza del pubblico ministero o su domanda del capo dell istituto:

a)rispetto ai soggetti puniti e dei carcerati, nonché rispetto agli accusati dopo l emissione del verdetto di primo grado, dal giudice di vigilanza;

b)rispetto agli accusati, fino all emissione del verdetto di primo grado, dal magistrato designato nell articolo 279 del codice di procedura penale; se prosegue un magistrato collegiale, la misura è applicata dal presidente del tribunale o della corte di assise.

La magistratura designata nel comma 3, nel prevedere la sottomissione della corrispondenza a visto di sorveglianza, se non crede di intervenire in modo diretto, può affidare la vigilanza al capo o ad un membro all amministrazione carceraria indicato dallo stesso capo.

Se, dopo il visto di sorveglianza, la magistratura prevista nel comma 3 decide che la corrispondenza o i giornali non debbano essere inviati o trasmessi al ricevente, ordina che essi siano conservati. Il carcerato e il detenuto sono subito avvisati.

Contro le misure stabilite dal comma 1 e dal comma 5 può essere avanzato ricorso, secondo l iter stabilito dall articolo 14-ter, al tribunale di vigilanza, se la misura è emanata dal giudice di vigilanza, o, nelle altre ipotesi, al tribunale nel cui distretto opera il magistrato che ha adottato la misura. Al collegio non può appartenere il magistrato che ha emanato la misura.

Per quanto non difformemente previsto da tale comma vigono le prescrizioni dell articolo 666 del codice di procedura penale. Nell ipotesi stabilita dalla lettera c) del comma 1, la verifica delle buste che includono la corrispondenza ha luogo dinanzi al carcerato o arrestato.

Per accuratezza espositiva, riportiamo un verdetto della Suprema Corte di Cassazione, con cui ha precisato che “la corrispondenza del carcerato, non rappresenta res di cui possa affermarsi avere la disponibilità l amministrazione carceraria, in base all art. 256 c.p.p.: essa è infatti di stretta attinenza del carcerato, che ha il diritto di vederla spedita, e soltanto la specifica misura del visto di vigilanza, comportando la verifica delle buste, legittima la magistratura a controllarne il contenuto e ad estrarne casomai un duplicato” (Cassazione, Sez. VI, 10 dicembre 2009, n. 47009).

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Proprio in base alla particolare condizione del carcerato, cui deve essere tuttavia garantito il rispetto dei diritti principali (v., tra le altre, Corte cost., pronuncia n. 212 del 1997 e 26 del 1999), che i poteri di intromissione dell autorità nella corrispondenza che passa per le strutture carcerarie ottengono un disciplinamento, tra l altro prevedendo delle limitazioni temporali e la possibilità di reclamo, con il richiamo dell art. 18-ter ord. pen., introdotto, pure dopo diverse disposizioni della Corte E.D.U. (v., tra le tante, pronunce del 23 febbraio 1993, Messina c. Italia, del 15 novembre 1996, Domenichini c. Italia e del 26 luglio 2001, Di Giovine c. Italia), dalla legge 8 aprile 2004, n. 95, pubblicata sulla G.U. del 14 aprile 2004 e vigente dal giorno seguente.