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Il cronista che usi in un proprio trafiletto il contenuto di un documento ignoto ingiurioso compie "calunnia tramite stampa", se non può dimostrarne l attendibilità!!! In materia di rimborso della lesione da calunnia tramite stampa, se l articolo di giornale riproduca il contenuto di un elaborato ignoto ingiurioso dell altrui considerazione, l attuazione dell esentante del diritto di cronaca (art. 51 c.p.) presume la verifica, da parte di chi ha scritto l articolo, della veridicità concreta o "putativa" dei fatti inclusi nell articolo medesimo ( non della sola veridicità della sussistenza della fonte ignota), con l effetto che, se questa verifica non possa essere data, proprio in forza della natura ignota dell elaborato, la suddetta esentante non può essere attuata, anche per la mancanza del criterio dell interesse collettivo alla divulgazione dell informazione.

E quanto affermato da una recentissima pronuncia della Suprema Corte di Cassazione ( Cass. Civ., sez. III, verdetto n. 11004 del 19 maggio 2011), con cui gli "ermellini" di piazza Cavour hanno "cercato" di dare una soluzione giuridica al vecchio problema connesso al tema dell esigenza o meno che il cronista, che si trovi dinanzi a una fonte ignota che voglia usare per un proprio trafiletto, per fare appello all attuazione dell esentante del diritto di cronaca, debba soltanto dimostrare (oltre alla "moderazione delle espressioni " ed all interesse collettivo all informazione) la semplice veridicità della sussistenza della fonte medesima, o debba, inoltre, "dimostrare" di avere effettuato tute le verifiche fattibili in merito alla materia della fonte e la (SA) veridicità.

Per meglio capire la "disputa" giuridica su cui si basa la deliberazione del "Pccio", bisogna anticipare che, nella prassi, possono aver luogo due fattispecie: la prima, in cui l articolo di giornale riporti soltanto il contenuto della fonte ignota, senza alcuna attinenza a soggetti e limitandosi, al massimo, a citare luoghi e situazioni varie; la seconda, in cui, invece, l articolo, oltre a riprodurre il contenuto dell elaborato ignoto, si riferisce anche a soggetti citati con il proprio nominativo o, in ogni caso, facilmente individuabili in forza della loro funzione, o del lavoro effettuato, o di qualsiasi altro fattore rilevante.

Se nella prima ipotesi definita non ha luogo per il cronista nessuna responsabilità di tipo civile in materia di rimborso, ammesso che la non possibilità di individuare la persona calunniata non fa configurare il caso di reato neanche sul piano penale; nel secondo caso non v è , al contrario, nessuna incertezza che il contenuto casomai calunnioso dell elaborato ignoto sia teso a "divulgarsi" tramite i giornali, con conseguenza lesive per la persona direttamente menzionata, e con connessa possibile responsabilità anche di risarcimento del cronista che lo abbia usato nella scrittura del proprio articolo.

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La Cassazione ha giustamente chiarito in pronuncia che , "..riferendo della sussistenza e della divulgazione in uno specifico contesto di una missiva ignota, in concreto di divulga come una qualsiasi informazione la condizione narrata nello scritto, così da condizionare immancabilmente il lettore medio almeno in merito all eventualità o la ragionevolezza che quella situazione sia reale.

Discriminare (ossia considerare legittimabile sul piano giuridico) tale condotta vuol dire permettere la divulgazione delle informazioni calunniose derivanti da fonti ignote, soltanto perché esse sono di interesse collettivo e soltanto perché in uno specifico contesto ha provocato clamore." Secondo i magistrati della Suprema Corte , in breve, accettare l uso giornalistico senza distinzioni di una "fonte ignota" implicherebbe di autorizzare la "divulgazione", tramite uno strumento di comunicazione di massa, di qualsiasi lesione all altrui considerazione, spontanea e, per lo più, incontenibile.

E sarebbe realmente indecifrabile quale interesse potrebbe mai avere la comunità per permettere (in forza della libertà di informazione) un tale, intollerabile martirio! La Cassazione Civile, con la (SA) assai recente sentenza ha voluto conformarsi, quindi a un approccio della giurisprudenza dominante a cui era ,già da qualche tempo, arrivata la giurisprudenza penale quando, analizzando il reato di calunnia tramite stampa, ha sostenuto la non sussistenza dell esentante del diritto di informazione nel caso in cui la notizia sia riprodotta usando un elaborato ignoto, in quanto tale non adatto a ottenere l interesse collettivo e non subordinabile a verifiche sulla veridicità della fonte ( a tal proposito vedasi sia Cass. Pen. 2 dicembre 2008, n. 46528; e inoltre Cass. Pen. 5 marzo 1992, n. 5545).

La cosiddetta "informazione ignota" pretende, dunque, di essere "gestita" dal giornalista come tutte le altre fonti, vale a dire che, per poter fare appello all esentante del diritto di informazione, essa deve essere verificata nella (SA) veridicità concreta o, almeno, "putativa", interpretandosi che il cronista deve quantomeno desumere e dimostrare l attenzione data nelle verifiche effettuate per risolvere ogni incertezza e insicurezza in rapporto alla veridicità dell informazione medesima