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Il delitto di infrazione degli oneri di sostegno alla famiglia, stabilito dall art. 12 sexies l. 898/70, si completa per la mera mancanza del pagamento del sussidio di sostentamento nel provvedimento ordinato dal magistrato, a prescindere dalla condizione che questo omesso pagamento implichi la privazione degli strumenti di sostentamento per l intestatario del sussidio, e a prescindere dalla disponibilità economica del vincolato.
Lo ha stabilito il Tribunale , sezione penale, punendo ad 1 mese di carcere ed 80 euro di ammenda un giovane consorte separato di Fgia, accusato per non aver pagato tutta la somma indicata dal magistrato civile, nel verdetto di separazione, come sussidio di sostentamento a vantaggio dei figli minorenni, "assegnati" alla madre/ex moglie.
L accusato, tramite il suo avvocato, si era tutelato affermando che per completarsi il "delitto di infrazione degli oneri di supporto familiare" occorreva tener ben separati la concezione di mezzi di sostentamento con gli alimenti, per cui la sola inosservanza dell obbligo di natura "civilistica", proveniente dal verdetto di separazione civile non basta per il compimento de delitto.
Non era sufficiente, quindi che vi fosse la dimostrazione del mancato pagamento di parte del sussidio, indicato dal magistrato in sede di separazione per il sostentamento dei figli, in quanto non era stato dimostrato che questo mancato pagamento in parte avesse provocato alla parte lesa ( ossia i minori) la non possibilità di fronteggiare i bisogni minimi di sussistenza.
( in questo senso infatti sia Tribunale Roma, sez. IV, 29/01/2010, n. 579 ; sia Tribunale Monza, 04/05/2010, n. 771). Ma il Tribunale di Fgia non ha voluto rifarsi a questa teoria, scegliendo, al contrario, l approccio più attuale della Suprema Corte di Cassazione , e sostenendo che "Il consorte separato o divorziato, tenuto al pagamento di un sussidio mensile di sostentamento a vantaggio dei figli minorenni, non può stabilire in modo autonomo di limitarne la somma a patto che non si trovi in uno stato di reale bisogno." ( così Corte di Cassazione, Sez. VI pen., 15 febbraio 2011, n. 5752) Il Tribunale dauno ha, inoltre, chiarito nel verdetto che "..l adeguata osservanza dell obbligo a vantaggio dei minorenni consta nella concessione (fornitura al minore) degli strumenti di sostentamento, nella modalità e nell importo indicato dal magistrato e implica, necessariamente e in conseguenza dell attuazione delle disposizioni di legge dell art. 570 cpv. c.p., n. 2, la predisposizione soltanto ed unicamente di quel bene o di quell importo che il magistrato della separazione o del divorzio ha voluto definire, nell aperto dibattito delle parti e nel maggiore richiamo della parte fragile, materia di protezione avvantaggiata".
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Per commentare la citata sentenza della giurisprudenza va ,comunque, evidenziato che é, sicuramente , più giusto che, in materia di delitto di infrazione degli oneri di supporto alla famiglia, il giudice penale discerna tra sussidio deciso dal magistrato civile e strumenti di sostentamento, essendo questi totalmente autonomi dalla deliberazione del magistrato civile.
Infatti, la concezione di mezzi di sostentamento include soltanto ciò che serve per la conservazione della famiglia del vincolato nel contesto storico in cui l evento ha luogo.
Perciò, in caso di omesso pagamento da parte del consorte vincolato del sussidio indicato in sede civile, il magistrato penale, allo scopo di valutare la rappresentazione del delitto di cui all art. 570 cpv. n. 2 c.p., dovrebbe verificare se come conseguenza di quest azione siano scomparsi per i destinatari i mezzi di sostentamento.
Giustizia e maggiore assicurazione di rettitudine pretenderebbero che la fattispecie criminosa abbia luogo, difatti, soltanto se vi siano, da un lato la condizione di necessità dell avente diritto alla fornitura dei mezzi di sostentamento, e dall altro la reale disponibilità economica del vincolato a concederglieli.
La verifica della seconda condizione non dovrebbe essere meno rigida in rapporto a quella del primo, in quanto soltanto l verifica sicura di questa disponibilità , o del fatto che essa sia venuta a mancare, per una intenzionale deliberazione del reo, può legittimare una dichiarazione di responsabilità di tipo penale!
E legittimo per i pubblici impiegati l uso del telefono cellulare di servizio e dello stesso "web", per fini personali, se i connessi costi appaiono lievi, ossia causanti un danno leggero alla condizione del patrimonio della amministrazione pubblica di pertinenza.
Lo ha stabilito il Tribunale, sezione penale, di Lucera, interpellato a sentenziare in rapporto al completamento, rispetto a un funzionario del Comune della città sveva, dei delitti di abuso di ufficio e di sottrazione di denaro pubblico, per aver usato, a scopi privati, il servizio di telefonia cellulare e la connessione "analogica" al web, titolati alla P.A. di adesione.
Il funzionario si era tutelato in giudizio affermando, tramite il suo avvocato, il piuttosto irrilevante danno provocato alle "casse" del Comune, calcolabile in circa ?.60,00 (euro sessanta/00) , "ripartite" in un periodo di circa sei mesi! Ed il Tribunale di Lucera, rifacendosi a un recentissimo approccio della Suprema Corte di Cassazione, ha accolto la teoria dell accusato dichiarando che " se un pubblico funzionario o un addetto a un pubblico servizio, servendosi, per motivo del compito o del ruolo del servizio telefonico titolato all Amministrazione, lo usi,al contrario, per telefonate di natura privata, non è perseguibile per i delitti di sottrazione di denaro pubblico ( art. 314 c.p.) o di abuso di ufficio (art. 323 c.p.), se la "res" detratta non abbia valenza economica, ma anche se la medesima valga piuttosto poco tanto da non provare danni allo stato dei patrimoni della pubblica amministrazione". ( in senso analogo sia Corte di Cassazione, Sez. VI pen., 20 dicembre 2010 - 10 gennaio 2011, n. 256 ; sia Corte di Cassazione, Sez. VI pen., sentenza 19 ottobre 2010, n. 41709) I giudici dauni, riaffermando la tesi giuridica già manifestata nel verdetto n. 41709/2010 della Suprema Corte, hanno chiarito in sentenza che "il caso del peculato completa un delitto di tipo plurioffensivo, perché rappresenta, da una parte, un reato di abuso dello status giuridico che la persona detiene, e dall altra, un reato contro i beni patrimoniali pubblici e così teso a garantirne il suo benessere economico e la (SA) finalità pubblica" e che "nella relazione tra i due beni protetti quello prevalente, anche valutando i fattori istitutivi di tale caso concreto, non può che essere l economia pubblica, perché il furto di denaro pubblico si configura con l impossessamento a proprio vantaggio e per scopi differenti da quelli d ufficio di uno strumento economico incluso nell ambito pubblico".
Avendo, quindi, il Tribunale considerato, nella fattispecie esaminata, la non esistenza di un reale e materiale guadagno economico a vantaggio del funzionario pubblico/destinatario, adatto a soddisfare il presupposto dell illecito beneficio patrimoniale in rapporto al delitto di abuso d ufficio, nonchè l insussistenza di azioni di appropriazione di valenza economica adeguate per la configurazione del reato di furto di denaro pubblico, ha prosciolto il funzionario pubblico di Lucera per i delitti suddetti e descritti. In concreto, nella fattispecie non era identificabile né un effettiva detrazione di soldi o beni mobili detenuti dalla P.A. né, tanto meno, un intenzione di "truffare" tesa a ottenere un illecito beneficio patrimoniale a svantaggio della Pubblica Amministrazione.
La pronuncia sembra voler riaffermare che anche i pubblici funzionari sono "uomini" che, sebbene eseguano regolarmente i propri compiti, hanno dunque, ove possibile, un "minimo" diritto a "consultare il web" per pochi minuti, o a fare una veloce telefonata personale, sebbene servendosi del telefono titolato alla P.A.!