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La posizione della giurisprudenza da quando è diventato vigente il d.p.r. 30 maggio 2002 n. 115 circa il rito da seguire nella procedura di impugnazione al provvedimento di liquidazione del compenso per l azione svolta a carico dello Stato si basava sul carattere secondario e collaterale della procedura di impugnazione rispetto a quello principale nel quale è emanata la procedura di liquidazione.
Altresì, laddove la liquidazione era eseguita dal pubblico ministero o dal giudice penale, l impugnazione doveva essere conseguita in ambito penale ed il seguente ricorso per cassazione presentato nelle modalità e secondo i termini del procedimento penale, invece se la liquidazione era effettuata dal giudice civile, l impugnazione doveva essere conseguita in ambito civile e decisa con procedura suscettibile di ricorso per cassazione da presentare in merito alla norma propria del rito civile.
Questa posizione riprende diverse pronunce del giudice di legittimità
Con pronuncia n. 19161 del 3 settembre 2009 le sezioni unite civili della Suprema Corte di Cassazione, coinvolte nella risoluzione di un contrasto giurisprudenziale in merito alla qualificazione del vizio proveniente dal mancato rispetto dell ambito civile della valutazione della opposizione, hanno previsto che nella circostanza on cui la disposizione che stabilisce la opposizione sia stata effettuata da un giudice penale, si determina una trasgressione delle prescrizioni di composizione dei collegi e di attribuzione degli affari che non comporta né un problema di competenza né una nullità ma può motivare solo effetti di carattere amministrativo o disciplinare.
Con il rinnovo dell antecedente posizione, le sezioni unite civili della Corte di legittimità hanno stabilito che compete sempre al giudice civile la decisione sui ricorsi contro le liquidazioni dell onorario del legale difensore della persona ammessa al patrocinio a spese dello Stato (o di soggetti ammessi al programma di protezione), degli onorari degli ausiliari dei giudici e delle indennità dei custodi, pure quando sono emanati in procedura penale e che il possibile ricorso per cassazione nei riguardi della procedura che decreta sulla opposizione va presentato nei termini e nelle modalità del codice di rito civile e, dunque, di fronte alle sezioni civili della Corte.
Questo blocco giurisprudenziale ha ottenuto come conseguenza quella di coinvolgere non poche procedure che erano stati radicati secondo la posizione antecedente e cioè i ricorsi presentati secondo il codice di rito penale contro le procedure emanate in tale ambito.
Per siffatte procedure, i giudici della Corte hanno fatto e fanno ricorso all istituto della rimessione in base alle disposizioni dell art. 184 bis c.p.c. laddove sostengono che la parte ha tuttavia effettuato nell arco del termine di decadenza (fissato dal codice di procedimento penale) una azione proces (SA) le che, seppur carente rispetto al modello legale prescritto dal codice di rito civile, evidenzia la non acquiescenza alla procedura impugnata e che la causa non imputabile si ricollega, non ad una circostanza di materiale impedimento che rientra nel dovere di allegazione e di dimostrazione rispetto alla parte coinvolta, ma alla decisione difensiva derivante da precisazioni sul rito da intraprendere in base alla sostenuta giurisprudenza del tempo del ricorso presentato e che solo successivamente si sono evidenziati non più ammissibili.
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La causa non imputabile proviene, e al contempo è conosciuta, dal medesimo arbitro così che l art. 184 bis cod. proc. civ. viene considerato non già come norma specifica pensata per le inattività provenienti da ostacoli, tipici, di carattere materiale ed oggettivo, ma nella (SA) portata normativa, manifestazione di un criterio generale di superiore giustizia – utile alla tutela costituzionale del processo – che vede nel rimedio restitutorio lo strumento indirizzato a non far sostenere alla parte, quando ad essa non possa riconoscersi alcuna colpevolezza, i gravi effetti di uno sbaglio nella presentazione del ricorso indotto dalla medesima giurisprudenza di cassazione.
Le sezioni della Corte coinvolte in tale ambito si sono, quindi, rivolte alle sostenute considerazioni del criterio di diritto che otteniamo da una delle ultime prescrizioni in merito (n. 19372 del 10 settembre 2010) che stabilisce “In base al criterio costituzionale del corretto processo, va escluso che abbia importanza decisiva lo sbaglio della parte la quale abbia ricorso per cassazione affidandosi su una sostenuta, al tempo della presentazione del ricorso, giurisprudenza legittima sulle normative che disciplinano il processo, poi stravolta da un cambio di interpretazione, e che la (SA) iniziativa possa essere sostenuta inaccettabile in merito a modalità e termini il cui rispetto, non previsto al momento della consegna dell atto di ricorso, deriva dal nuovo orientamento; lo strumento tecnico per correggere lo sbaglio oggettivo deriva dal rimedio della rimessione in materia stabilito dall art. 184 bis cod. proc. civ. (ratione temporis applicabile), alla cui attuazione non osta l assenza della richiesta di parte, dato che, nello specifico, la causa non imputabile è ottenuta dalla corte di cassazione, che con la (SA) medesima giurisprudenza ha fornito precisazioni sul rito da eseguire, ex post evidenziatesi non più attendibili”.